Lo sviluppo del laboratorio
Il laboratorio si sviluppa in quattro tappe: due hanno
preceduto la pausa natalizia, il 05 e 16 dicembre 2014, e due si realizzeranno
il 13 e il 27 gennaio 2015. Fare il punto è dunque essenziale per tenere la
rotta, per non lasciarsi sfuggire alcune idee emerse e per orientare i nostri prossimi
incontri.
Ecco un post per ricapitolare e rilanciare alcuni degli
spunti scaturiti dal laboratorio “Costruire Partnership
Pubblico-Privato-NonProfit”.
La prima giornata: Progetto-Partnership: quali connessioni?
Nella prima giornata abbiamo tematizzato il ruolo che il
progettare assume nella costruzione di Partnership che si vogliano non
dispersive. Quando diciamo ‘Progetto’ in relazione alla costruzione di Partnership,
possiamo avere in mente due possibilità:
-
Senza progetto è difficile proporre, promuovere,
dare vita a partnership produttive. Costruire un progetto di partnership
significa dare spazio all’immaginazione, prefigurare attività ed energie
necessarie, dare forma al lavoro e a i risultati attesi, mettere in gioco
opportunità di partecipazione, concordare partecipazione, ruoli e spazi di azione
per i soggetti coinvolti o coinvolgibili. Insomma è difficile immaginare una
partnership senza un progetto a un tempo dispositivo di connessione e di senso,
struttura duttile di lavoro e rappresentazione dinamica dei processi di
collaborazione (per approfondimenti Jean-Pierre Boutinet, Anthropologie du projet, PUF, 1990-2012).
-
Ma c’è anche un secondo possibile uso del
termine progetto. I progetti sono proposte che si concordano, obiettivi di
lavoro, attività circoscritte da realizzare per le quali si cercano e chiedono
risorse, la forma che iniziative prendono per aggregare partner, accedere a
bandi, trovare finanziatori.
Insomma le partnership sono contemporaneamente progetti per
gli attori in campo (rappresentazioni e significati densi) e sono fatte di
progetti operativi (temporanei strumenti per l’azione). Senza un progetto e
senza la capacità di costruire progetti e reggerne la complessità le
partnership faticano a decollare e a compiere un tragitto apprezzabile.
La seconda giornata: Partnership come sistemi di relazioni
Un elemento distintivo che identifica le partnership fra
organizzazioni è la pluralità delle relazioni in gioco. Mosse da interessi
diversi, non sempre consapevoli, non sempre espliciti, non sempre
considerati/bili. Il nodo strutturale rimane: non si possono costituire
partnership se non rilevando, collegando, facendo dialogare, e orientando la
pluralità dei punti di vista e dei soggetti in gioco. Se le partnership sono
sistemi dinamici di relazioni (la pluralità è un tratto distintivo), che
attraversano confini più o meno definiti (ad esempio organizzazioni pubbliche
interagiscono con organizzazioni private e non profit in vista di traguardi
comuni), orientate verso un qualche obiettivo parziale (in quanto non
coinvolgono la totalità delle strategie delle organizzazioni interessate), possiamo
sottolineare due aspetti:
-
le partnership sono sistemi collaborativi;
-
le partnership presuppongono una contesto
relazionale fatto di intrecci, contatti, conoscenze, rapporti, fiducie.
Senza capitali sociali è difficile innescare processi che
conducano alla costruzione di partnership. E senza immaginare i soggetti come
portatori di interessi, di conoscenze, di competenze, di intenzionalità è
difficile edificare partnership sufficientemente salde. Il costrutto di
stakeholder è essenziale, sia che si ragioni di costruire accordi che impegnano
gli attori, sia che si ragioni di contesto, di partecipazione (stakeholder
engagement) o di reti relazionali (capitale sociale), sia che si voglia
misurare l’impatto e dar conto del lavoro e dei risultati prodotti (ne
parleremo nella quarta giornata).
La terza giornata: Partnership Manager
Le partnership per funzionare richiedono un delicato lavoro
di regia. La terza giornata – anche sulla base degli apporti frutto dei primi
due incontri – approfondirà proprio la questione di come favorire
collaborazioni interne alla partnership. In particolare – in assonanza con
quanto succede nelle reti e nei progetti 2.0 – emerge l’esigenza di figure si
prendano cura del funzionamento della partnership, che giochino d’anticipo
rispetto a possibili problemi, che sostengano la partecipazione e favoriscano
il coinvolgimento, valorizzando i diversi apporti, che accompagnino le
evoluzioni e facilitino il procedere delle attività programmate o emergenti.
Spesso proprio con questa finalità viene istituito un gruppo di pilotaggio del
progetto o della partnership, a volte tuttavia nei sistemi inter-organizzativi
la questione del coordinamento si rivela uno degli aspetti critici, in grado di
condizionare funzionalità e operosità della partnership.
Uno dei problemi che possono emergere è il distacco tra “il
livello degli operatori” (composto da persone ingaggiate per svolgere attività
concrete sul campo) e il “livello del gruppo di pilotaggio” (composto dai
dirigenti delle organizzazioni partner). Se le occasioni di coordinamento e di
confronto coinvolgono esclusivamente i dirigenti, la partnership non può
funzionare:
-
gli operatori gestiscono il loro compito senza
la flessibilità, senza l’attenzione alla collaborazione e senza l’apertura alle
novità che sono richieste dall’operare in un partenariato complesso e multi-attore
e (al contrario) lavorano come se il loro agire “dentro” il progetto in
partnership fosse parte integrate della loro attività abituale, gestita con
stile più “istituzionale” e quindi più rigido, schematico, in qualche modo
legato a un mansionario;
-
i dirigenti discutono e teorizzano la
partnership e il suo progetto come luogo di trasformazione, di innovazione e di
cooperazione, ma queste buone intenzioni restano sulla carta, non possono
tradursi in concretezza, non essendo il gruppo di pilotaggio direttamente
ingaggiato nell’operatività delle attività.
Buone soluzioni sono:
-
costruire gruppi di pilotaggio ingaggiando
persone direttamente coinvolte nelle attività (occorre una forte delega e una
significativa responsabilizzazione – ottime condizioni, tra l’altro, per
lavorare in libertà e creare un clima favorevole alla generazione di soluzioni
concretamente innovative);
-
non limitare la costruzione del partenariato al
“livello del gruppo di pilotaggio”, ma costruire gruppi di lavoro al “livello
degli operatori”, dando loro indirizzi e strumenti ma anche libertà di azione e
soprattutto costituendo gruppi misti composti da persone afferenti a
organizzazioni diverse del partenariato;
-
costruire i progetti in partenariato non come
giustapposizione di azioni diverse afferenti a singoli partner (e poi cucite in
un progetto unico) ma come somma di azioni interconnesse, nell’ambito delle quali
agiscono diversi partner in quanto portatori di diverse competenze.
Figure che si prendano cura del buon funzionamento delle
partnership e dei progetti in partnership (Partnership Manager) sono utili.
Non si tratta della vecchia idea di “progettista” (che – da
conoscitore dei bandi e delle tecniche di compilazione dei formulari – elabora
il progetto e poi si defila), ma di un facilitatore che co-progetta con gli
attori della partnership (insieme e senza sostituirsi ad essi), di un
consulente che accompagna il progetto lungo tutto il suo ciclo di vita
(sporcandosi le mani e operando “dentro” e non “sopra” il progetto), di un
“professionista riflessivo” che – secondo la definizione di Donald A. Schӧn (1983) – pur esercitando la sua
funzione tecnica – opera sul campo fronteggiando quel particolare progetto in quel
determinato contesto disponendosi a imparare facendo, a costruire sul terreno,
insieme a tutti gli attori, le conoscenze necessarie perché il progetto generi
cambiamento, di un “sarto
artigiano”.
D’altra parte la costruzione e la realizzazione dei progetti
sono processi circolari nei quali:
-
si mettono in comune saperi e competenze;
-
si prefigurano e costruiscono «mondi possibili»;
-
si sperimentano possibili soluzioni;
-
si collega ricerca e azione;
-
si realizza una esperienza di progettazione
partecipata auto-responsabilizzante;
-
ciascuno attua a seconda del proprio ruolo e
possibilità una parte dei programmi convenuti;
-
si realizza un processo circolare in grado di
auto-correggersi mediante periodiche verifiche dei risultati.
Gli strumenti per progettare e per gestire i progetti
(complessi) in partnership ci sono, sono utili e vanno utilizzati. Si tratta di
strumenti che consentono (tra l’altro) di determinare:
-
le risorse (umane) necessarie (organigramma);
-
i servizi necessari;
-
i materiali e le attrezzature necessarie;
-
i tempi (cronoprogramma o diagramma di Gantt);
-
i costi (budget preventivo, preconsuntivo,
consuntivo).
Inoltre (e soprattutto) permettono di collegare logicamente questi diversi aspetti consentendo di gestire
con maggior duttilità le azioni e le attività del progetto in partenariato (e
di modificarle e adattarle in itinere secondo l’approccio “riflessivo” di cui
si è detto sopra) senza tuttavia perdere il controllo della situazione.
In questo senso, il Partnership Manager è un consulente (o
un piccolo gruppo di consulenti coeso) con competenze trasversali e
complementari.
D’altra parte – e proprio affinché rispondano ai fini indicati
di flessibilità - occorre utilizzare gli strumenti di progettazione e gestione
dei progetti con la giusta “laicità”; si tratta di strumenti, appunto: di mezzi, non del fine.
Occorre pertanto evitare, nell’utilizzarli, due delle nove
possibili patologie che Jean-Pierre Boutinet ha individuato nella
programmazione dei progetti:
-
il tecnicismo delle procedure, che - data
l’andatura fluttuante del progetto, la sua gestione incerta, la continua presa
d'atto della complessità - può portare a
un eccesso di pianificazione, all'utilitarismo delle procedure, all'ossessione
tecnicista, che soffoca l'ispirazione iniziatrice;
-
il totalitarismo della concezione
pianificatrice, che porta l'ideazione a diventare dominante sulla realizzazione
(non ammettendo scarto né improvvisazione): si privilegia un modello rigido,
che può condurre a un progetto totalitario; quando, invece, l'umanità di un
progetto risiede nella consapevolezza che il lavoro di realizzazione porta con
sé i propri limiti: occorre fare i conti con molti imprevisti e occorre
improvvisare e scostarsi da quanto programmato per superarli.
Gli strumenti di progettazione e gestione, quindi, come
cassetta degli attrezzi per garantire la
tenuta del progetto a fronte di una continua sua evoluzione e non come
gabbia per fossilizzarlo.
Sul “professionista riflessivo” si veda: Donald A. Schön, Il professionista riflessivo: per una nuova
epistemologia della pratica professionale, Dedalo, 1993-2010, Fabio
Folgheraiter, La cura delle reti,
Erickson 2006-2011 (capitolo quinto) e Richard Sennett, L'uomo artigiano, Feltrinelli, 2008.
Sui rischi (le “patologie”) della programmazione dei
progetti si veda: Jean-Pierre Boutinet, Psychologie
des conduites à projet, PUF, 2014 e Jean-Pierre Boutinet, Anthropologie du projet, PUF, 1990-2012.
Sugli strumenti per progettare e per gestire i progetti si
veda: Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, L'ABC
di un progetto, Centro Servizi per il Volontariato di Padova, 2004, Elena
M. Plebani, Alessio Lorenzi, Ideare e
gestire progetti nel sociale, Centro Servizi per il Volontariato della
provincia di Trento, 2009, Commissione
Europea, Project Cycle Management: Manual, 2001.
Sul processo di costruzione e gestione di un progetto in
partenariato si veda: APAT- Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i
servizi tecnici, Agenda 21 locale 2003,
APAT, Manuali e Linee Guida 31/2004.
La quarta giornata: Individuare, combinare, gestire e valutare risorse
(limitate)
Anche nel quarto incontro riserveremo del tempo per
considerare il lavoro e le idee emerse nei tre gruppi di lavoro.
Affronteremo poi il quarto nodo che si presenta nella
costruzione di partnership: l’individuazione, la raccolta, l’aggregazione, la
gestione e infine la rendicontazione (in progress e post action) delle risorse economiche (e non solo). Tra le
questioni che affronteremo:
- la costruzione del budget di progetto e di partnership;
- la raccolta da fonti diverse di risorse complementari
(crowfunding);
- la valutazione (preventiva e sommativa) dell’impatto delle
attività delle partnership sia in vista del consolidamento delle
collaborazioni, sia in vista del rilancio (e della correzione) dell’azioni di
sistema.
Come stiamo lavorando
Il laboratorio prevede un format di lavoro strutturato e
aperto: attraverso una proposta di formazione/ricerca affrontiamo quattro
questioni chiave nella costruzione di partnership (progetto, capitale
relazionale, regia e risorse) e contemporaneamente apriamo a sviluppi e digressioni
non predeterminate, che scaturiscono dalle elaborazioni dei gruppi di lavoro formati
dalle persone che prendono parte al laboratorio.
Questi in sintesi gli ingredienti che combiniamo:
Questi in sintesi gli ingredienti che combiniamo:
-
In ogni incontro presentiamo alcune sintesi di inquadramento sulle
questioni di volta in volta a tema.
-
Per ogni incontro abbiamo immaginato di mettere
a disposizione alcuni strumenti
adattabili e riutilizzabili nei contesti organizzativi e nella costruzione di
partnership.
-
Tre gruppi
di lavoro affrontano tre progetti che richiedono la costituzione di partnership
per poter prendere corpo: un progetto per attivare una Scuola-Bottega, un
progetto per rivitalizzare un Borgo Medievale, un progetto per trasformare una
forma di aiuto gestista dei servizi sociali da sostegno assistenziale a
occasione di scambio attivo. Spazio di confronto e di ricerca per esplorare e
approfondire gli spunti presentati nei passaggi più strutturati. Confidiamo di
dare conto degli esiti.
-
Abbiamo promosso una rapida indagine alla ricerca di possibili termini per identificare
l’accezione di partnership e circoscriverne il concetto (dei risultati e delle
evoluzioni possibili proveremo a dare conto in un prossimo post).
-
Di ciascun incontro realizziamo una documentazione live rintracciabile su
Twitter all’hashtag #PPPNP.
-
Sui blog Cowblog,
Mainograz e Paresblog pubblichiamo post (come questo) che
anticipano argomenti o riprendono le riflessioni scaturite dal lavoro
collettivo.
E prossimamente pubblicheremo alcune videointerviste a testimoni, attori e
autrici delle complessità e delle opportunità che scaturiscono dagli intrecci
fra mondi Pubblici, Privati e NonProfit.