martedì 23 dicembre 2014
Le nove patologie della programmazione dei progetti secondo J.P. Boutinet - 2/2 (post per #PPPNP)
In Psychologie des conduites à projet (PUF, 2014) Jean-Pierre Boutinet dedica un capitolo alle nove patologie della programmazione dei progetti.
Riassumo il capitolo di Boutinet, in due post:
a questo link, il primo; di seguito, il secondo.
Le nove patologie della programmazione dei progetti (post 2/2)
V. Il culto dell'autosoddisfazione
Un'altra patologia possibile indicata da Boutinet fa riferimento al narcisismo che può colpire chi opera nel progetto. Una deriva che rischia di verificarsi ogni volta che si consegue un buon risultato, del quale l'autore del progetto tende ad assumersi un po' troppo in fretta la paternità.
Tra narcisismo e conseguimento dell'ideale intrinseco del progetto, c'è un legame che può portare a un confinamento sul progetto stesso, che diventa oggetto autoreferenziale del suo autore.
Ogni volta che l'ideale che muove il progetto riesce a smarcarsi dai rischi di narcisismo, il progetto potrà mantenere un senso ed evitare l'autosoddisfazione.
VI. Il progetto come esca
Può accadere che il progetto sia usato come esca: lo scopo del progetto lascia intravedere audaci e ambiziose prospettive, ma solo una parte infima di queste verrà realizzata o addirittura nessuna (il progetto resta sulla carta). Il progetto, nella sua descrizione, esprime l'immaginario del suo autore e trova la sua giustificazione in se stesso: non diventerà mai un "oggetto" compiuto.
VII. Il plagio o la copia conforme
Molti progetti non sono che copie conformi a modelli esistenti: innovano su alcuni dettagli, ma sostanzialmente fluiscono nelle idee dominanti e nei condizionamenti culturali generali.
Questo accade quando si crea un disequilibrio tra l'introdotto e l'indotto: a partire da una troppo frettolosa analisi del contesto, l'autore del progetto minimizza gli elementi di originalità che il progetto inserisce nell'ambito di intervento,valorizzando scarsamente l'indotto che emerge dal contesto stesso. Al contrario, l'autore introduce massicciamente nel progetto degli elementi estranei, presi in prestito da altre situazioni. Il costruito che risulterà da una squilibrata interazione tra indotto e introdotto risulterà artificiale, slegato dall'ambiente di riferimento e di intervento.
VIII. L'attivismo ipomaniacale
L'attivismo ipomaniacale trasforma un individuo in un attore alla ricerca continua di nuovi progetti, che sostituiscano quelli attuali appena avviati. Si tratta di un attore che, dice Boutinet, "vive in un effimero perpetuo" (punta sul nuovo continuamente) e che "genera intorno a se stesso una sorta di obsolescenza generalizzata" (i progetti diventano subito vecchi). L'attivismo ipomaniacale è anche sostenuto dalla cultura tecnologica dell'innovazione in cui siamo immersi e può coinvolgere molti individui, che si lanciano in una moltitudine di imprese senza concluderne alcuna.
IX. Il progetto alibi
Capita che il progetto offra l'illusione della trasparenza o di un approccio partecipativo per meglio dissimulare la conservazione di rapporti di potere consolidati. In questo caso la realizzazione effettiva del progetto è secondaria rispetto a quanto annunciato in fase di ideazione e il progetto stesso diventa un alibi per conservare l'esistente invece di modificarlo.
Secondo Boutinet, queste patologie non riguardano solo gli autori del progetto, ma influenzano l'intera nostra cultura contemporanea: in essa il progetto è costitutivo di gran parte delle attività e proprio per questo può diventare conservativo e autoreferenziale invece che rappresentare un motore di cambiamento.
E i nostri progetti? Quali di queste patologie li riguardano, almeno in parte?
Riassumo il capitolo di Boutinet, in due post:
a questo link, il primo; di seguito, il secondo.
Le nove patologie della programmazione dei progetti (post 2/2)
V. Il culto dell'autosoddisfazione
Un'altra patologia possibile indicata da Boutinet fa riferimento al narcisismo che può colpire chi opera nel progetto. Una deriva che rischia di verificarsi ogni volta che si consegue un buon risultato, del quale l'autore del progetto tende ad assumersi un po' troppo in fretta la paternità.
Tra narcisismo e conseguimento dell'ideale intrinseco del progetto, c'è un legame che può portare a un confinamento sul progetto stesso, che diventa oggetto autoreferenziale del suo autore.
Ogni volta che l'ideale che muove il progetto riesce a smarcarsi dai rischi di narcisismo, il progetto potrà mantenere un senso ed evitare l'autosoddisfazione.
VI. Il progetto come esca
Può accadere che il progetto sia usato come esca: lo scopo del progetto lascia intravedere audaci e ambiziose prospettive, ma solo una parte infima di queste verrà realizzata o addirittura nessuna (il progetto resta sulla carta). Il progetto, nella sua descrizione, esprime l'immaginario del suo autore e trova la sua giustificazione in se stesso: non diventerà mai un "oggetto" compiuto.
VII. Il plagio o la copia conforme
Molti progetti non sono che copie conformi a modelli esistenti: innovano su alcuni dettagli, ma sostanzialmente fluiscono nelle idee dominanti e nei condizionamenti culturali generali.
Questo accade quando si crea un disequilibrio tra l'introdotto e l'indotto: a partire da una troppo frettolosa analisi del contesto, l'autore del progetto minimizza gli elementi di originalità che il progetto inserisce nell'ambito di intervento,valorizzando scarsamente l'indotto che emerge dal contesto stesso. Al contrario, l'autore introduce massicciamente nel progetto degli elementi estranei, presi in prestito da altre situazioni. Il costruito che risulterà da una squilibrata interazione tra indotto e introdotto risulterà artificiale, slegato dall'ambiente di riferimento e di intervento.
VIII. L'attivismo ipomaniacale
L'attivismo ipomaniacale trasforma un individuo in un attore alla ricerca continua di nuovi progetti, che sostituiscano quelli attuali appena avviati. Si tratta di un attore che, dice Boutinet, "vive in un effimero perpetuo" (punta sul nuovo continuamente) e che "genera intorno a se stesso una sorta di obsolescenza generalizzata" (i progetti diventano subito vecchi). L'attivismo ipomaniacale è anche sostenuto dalla cultura tecnologica dell'innovazione in cui siamo immersi e può coinvolgere molti individui, che si lanciano in una moltitudine di imprese senza concluderne alcuna.
IX. Il progetto alibi
Capita che il progetto offra l'illusione della trasparenza o di un approccio partecipativo per meglio dissimulare la conservazione di rapporti di potere consolidati. In questo caso la realizzazione effettiva del progetto è secondaria rispetto a quanto annunciato in fase di ideazione e il progetto stesso diventa un alibi per conservare l'esistente invece di modificarlo.
Secondo Boutinet, queste patologie non riguardano solo gli autori del progetto, ma influenzano l'intera nostra cultura contemporanea: in essa il progetto è costitutivo di gran parte delle attività e proprio per questo può diventare conservativo e autoreferenziale invece che rappresentare un motore di cambiamento.
E i nostri progetti? Quali di queste patologie li riguardano, almeno in parte?
lunedì 15 dicembre 2014
Le nove patologie della programmazione dei progetti secondo J.P. Boutinet - 1/2 (post per #PPPNP)
Riassumo il capitolo di Boutinet, in due post:
di seguito, il primo; di prossima pubblicazione, il secondo.
Le nove patologie della programmazione dei progetti (post 1/2).
I. Il progetto diviso o la negazione del progetto
La riscoperta del progetto (del lavorare per progetti), negli ultimi vent'anni, ha messo in discussione la divisione rigida del lavoro tra fase di ideazione e fase di realizzazione: nel processo progettuale, spesso, l'attore elabora e nello stesso tempo mette in opera; o - comunque - il livello dell'ideazione è prossimo al livello della realizzazione.
Questa innovazione è (stata) spesso tradita: molti progetti conservano la divisione tecnica e sociale del lavoro tra coloro che "pensano" e coloro che "eseguono", generando grande spreco di energie e una sottomissione di coloro che realizzano nei confronti di coloro che progettano.
Un progetto così diviso - sostiene Boutinet - rappresenta la negazione del progetto.
II. L'ingiunzione paradossale e i rischi di disillusione
Accade che attori individuali o collettivi siano spinti a lanciarsi in un progetto dalle istituzioni che li governano. L'obbligo del progetto crea una ingiunzione paradossale, un doppio messaggio contraddittorio.
La prima ingiunzione suona più o meno così: "vi impongo di creare". Ovvero, si trasforma la libertà di poter innovare (grazie al progetto) nel dovere di innovare. (Ad esempio, l'alunno deve avere un "progetto personale", l'organizzazione un progetto di sviluppo o di impresa).
La seconda ingiunzione paradossale si può esplicitare così: "i tempi sono duri e non abbiamo più soluzioni da proporvi: vi chiediamo di costruirvi un progetto per il futuro". Il progetto diventa l'ultima spiaggia, la strada obbligata per superare le difficoltà. (Per esempio, il progetto di riconversione professionale; o il progetto d'inserimento lavorativo).
Due ingiunzioni che portano molti alla disillusione, dopo un'altra sconfitta.
III. Il tecnicismo delle procedure
Ciò che caratterizza l'andatura del progetto è il suo carattere fluttuante, la sua gestione incerta, la continua presa d'atto della complessità. Proprio tentando di ricondurre l'incertezza alla pianificazione, si può arrivare all'utilitarismo delle procedure, all'ossessione tecnicista, che soffoca l'ispirazione iniziatrice.
IV. Il totalitarismo della concezione pianificatrice
Quando l'ideazione diventa dominante sulla realizzazione (e non ammette scarto né improvvisazione), si privilegia un modello rigido, che può condurre a un progetto totalitario: una troppo grande rigidità nella relazione tra quanto è stato progettato e quanto deve essere realizzato può avere ricadute molto negative.
E invece l'umanità di un progetto risiede nella consapevolezza che il lavoro di realizzazione porta con sé i propri limiti: occorre fare i conti con molti imprevisti e occorre improvvisare e scostarsi da quanto programmato per superarli.
(Continua)
domenica 14 dicembre 2014
Costruendo una partnership: glossario dei soggetti coinvolti (#PPPNP)
***
Attori locali
Organizzazioni istituzionali o non istituzionali che partecipano insieme al processo di sviluppo del benessere locale: enti locali, organizzazioni pubbliche, organizzazioni non profit, organizzazioni profit, comitati di cittadini.
Beneficiari (destinatari) finali
Le persone alle quali si rivolgono le attività previste dal progetto e che ne beneficiano. Sono il target group del progetto.
(Il termine beneficiari è talvolta utilizzato per indicare le organizzazioni che ricevono il contributo dai finanziatori).
Beneficiari (destinatari) indiretti
Le persone, i gruppi, le organizzazioni che pur non essendo destinatari diretti di attività del progetto beneficiano indirettamente dei risultati, per tramite dei beneficiari finali.
Capofila
Organizzazione, pubblica o privata o non profit che:
- assume il coordinamento del progetto e la sua gestione finanziaria;
- esercita un’attività rilevante, qualificante, necessaria per lo sviluppo del progetto.
Nel caso di progetto finanziato tramite bando:
- il capofila è interlocutore privilegiato (unico) dell’ente finanziatore;
- è l’organizzazione legalmente e finanziariamente responsabile del progetto nei confronti dell’ente finanziatore;
- spesso deve impegnarsi a contribuire al progetto con una quota di cofinanziamento proprio.
Finanziatore
Organizzazione che finanzia il progetto o una quota di esso.
Organizzazione che fornisce servizi e prodotti a uno o più partner di progetto in cambio di un corrispettivo economico.
Organizzazione, pubblica o privata o non profit, che collabora attivamente alla realizzazione di un progetto condotto in partenariato.
Con gli altri partner, condivide obiettivi, responsabilità in relazione ai risultati, impegni reciproci.
Nell'ambito del progetto, il partner sviluppa attività gestendo risorse (budget) e mettendo a disposizione competenze (persone) e strutture.
Nel caso di progetto finanziato tramite bando, il partner deve risultare ammissibile, deve impegnarsi a gestire una quota del contributo concesso, spesso deve impegnarsi a contribuire al progetto con una quota di cofinanziamento proprio.
Partner di rete
Organizzazione, pubblica o privata o non profit, che collabora alla realizzazione del progetto senza gestire risorse economiche (senza gestire una quota del budget di progetto).
Sostenitore
Organizzazione che, pur non operando all'interno del progetto né finanziandolo, influenza la buona riuscita dello stesso, per esempio avvallandolo pubblicamente.
Stakeholder
Persone o organizzazioni che possono - direttamente o indirettamente / positivamente o negativamente -influenzare o essere influenzati da un progetto.
Sono stakeholder: gli attori locali, i beneficiari, i partner, i finanziatori, i fornitori, i sostenitori… tutta la collettività del contesto territoriale di riferimento del progetto.
Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, L'ABC di un progetto, Centro Servizi per il Volontariato di Padova, 2004.
Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, Ideare e gestire progetti nel sociale, Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Trento, 2009.
Commissione Europea, Project Cycle Management: Manual, 2001.
domenica 7 dicembre 2014
mercoledì 3 dicembre 2014
Fare progetti: un lavoro per sarti-artigiani (post per #PPPNP)
Il buon lavoro fatto con arte, sapienza e intelligenza è importante per vivere bene e per questo l'uomo artigiano è un modello cui ispirarsi.
Richard Sennett, L'uomo artigiano, 2008.
Ho sempre pensato che costruire un progetto (e poi gestirlo, anche; e portarlo a termine, anche) sia un lavoro da bottega artigiana sartoriale.
Creatività e precisione; unicità; lavoro di squadra.
Specializzazione e versatilità.
Pensiero laterale.
Misurare; tagliare e cucire; fare e disfare; provare e correggere; adattare.
Visione d'insieme e cura del dettaglio.
Ordine e metodo ma in un contesto un po' caotico.
Gioia nel fare le cose bene.
Risultato.
Tempo.
Sogno che si realizza.
Poi Giulia Bertone mi ha ricordato questo (molto meglio di qualsiasi manuale):
Richard Sennett, L'uomo artigiano, 2008.
Ho sempre pensato che costruire un progetto (e poi gestirlo, anche; e portarlo a termine, anche) sia un lavoro da bottega artigiana sartoriale.
Creatività e precisione; unicità; lavoro di squadra.
Specializzazione e versatilità.
Pensiero laterale.
Misurare; tagliare e cucire; fare e disfare; provare e correggere; adattare.
Visione d'insieme e cura del dettaglio.
Ordine e metodo ma in un contesto un po' caotico.
Gioia nel fare le cose bene.
Risultato.
Tempo.
Sogno che si realizza.
Poi Giulia Bertone mi ha ricordato questo (molto meglio di qualsiasi manuale):
Altri riferimenti cinematografici:
"Houston, abbiamo un problema" (si fa un progetto per affrontare un problema, per rispondere a un bisogno)
"La migliore cattiva idea che abbiamo" (un progetto nasce sempre da un'idea)
"Inventatevi come mettere un piolo quadrato in un buco rotondo" (un progetto è innovazione)
E il finale? (i progetti finiscono sempre come avevamo sperato?)
(Grazie al Manu e agli amici di WhatsApp).
martedì 2 dicembre 2014
Quadrato semiotico dei sistemi di welfare. Post per #PPPNP
Quadrato semiotico dei sistemi di welfare |
Ispirandomi all'"approccio semiotico" di squadrati.com, ho tentato di costruire il quadrato semiotico dei quattro sistemi di welfare: welfare state, workfare, welfare mix, welfare community.
Come si posizionano i sistemi di welfare sugli assi "universalismo / attivazione" e "standardizzazione / articolazione delle risposte"?
Che ruolo gioca lo Stato nei quattro sistemi? Qual'è la sua funzione principale?
Quali parole chiave caratterizzano welfare state, workfare, welfare mix, welfare community?
Quando e come entrano in gioco i partenariati?
L'approccio del quadrato semiotico costringe a schematizzare, ingabbia, obbliga alla semplificazione. Aiuta anche a farsi domande e a mettere a fuoco questioni? A chiarirsi le idee?
Il welfare community (welfare delle relazioni o secondo welfare) è quello che stiamo iniziando a costruire con le sperimentazioni delle #PPPNP?
Il quadrato è solo un primo esperimento, molte altre parole e locuzioni possono arricchirlo, il risultato si può migliorare.
(Ogni contributo è utile).
Per approfondire: Fabio Folgheraiter, La cura delle reti. Nel welfare delle relazioni (oltre i Piani di zona), Erickson, 2006.
#PPPNP "Costruire Partnership Pubblico-Privato-NonProfit” è un ciclo di quattro giornate formative (info per iscrizioni: Carmela Gualtieri, c.gualtieri@provincia.milano.it - 02 7740 6925) organizzato dalla Provincia di Milano, con il supporto di Pares.
Con Graziano Maino e Anna Omodei lavoreremo con il metodo descritto così su Mainograz e affronteremo, a partire dalle esperienze dei partecipanti e lavorando su casi, anche il tema della costruzione delle partnership per realizzare progetti e per dare continuità agli stessi.
sabato 22 novembre 2014
Partnership Pubblico-Privato-NonProfit per dare continuità ai progetti finanziati (e costruire il secondo welfare) | Post per #PPPNP
#PPPNP "Costruire Partnership Pubblico-Privato-NonProfit” è un ciclo di quattro giornate formative (info per iscrizioni: Carmela Gualtieri, c.gualtieri@provincia.milano.it - 02 7740 6925) organizzato dalla Provincia di Milano, con il supporto di Pares.
Con Graziano Maino e Anna Omodei lavoreremo con il metodo descritto così su Mainograz e affronteremo, a partire dalle esperienze dei partecipanti e lavorando su casi, anche il tema della costruzione delle partnership per realizzare progetti e per dare continuità agli stessi.
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La continuità dei progetti finanziati
Tanto più in periodo di risorse (sempre più) scarse, diventa attuale il tema su come dare continuità ai progetti finanziati da risorse speciali, oltre il periodo di finanziamento. Faccio riferimento a iniziative in ambito sociale, ricreativo, culturale, ambientale.
Il tema è centrale, proprio ora che le organizzazioni (alcune?) stanno (faticosamente?) ideando / costruendo / sperimentando / realizzando iniziative e servizi verso il secondo welfare (welfare di comunità, welfare delle relazioni).
In tempi ormai non più troppo recenti, la continuità di un progetto innovativo o di un servizio sperimentale, avviato grazie a un bando per progetti innovativi o servizi sperimentali (...), trovava spesso risorse per la continuità a valere su un ulteriore bando, anch'esso orientato a favorire innovazione o sperimentazione: bastava cambiare nome al progetto o al servizio, dargli un taglio "nuovo" (innovativo o sperimentale) e il gioco era fatto. In alcuni casi - accadeva anche questo - si abbandonava il progetto (il servizio) e se ne inventava un altro (naturalmente innovativo o sperimentale) più adeguato a rispondere ai criteri del nuovo bando.
Oggi, quali ingredienti possono contribuire a dare continuità a una iniziativa finanziata? Come possiamo favorire il fatto che, terminate le risorse straordinarie messe a disposizione da un bando, progetti e servizi continuino a vivere? Come - insomma - possiamo iniziare a costruire per davvero il secondo welfare?
A partire da esperienze professionali e non, da casi di successo e di insuccesso, ecco il mio personalissimo elenco di:
Ingredienti per favorire la continuità dei progetti finanziati.
a) Gli ingredienti di base
* Primo ingrediente: il tempo. Il periodo "coperto da finanziamento" non dovrebbe essere troppo breve. Se vogliamo creare le condizioni per l'autonomia di un progetto, se vogliamo costruire le premesse della sua continuità, dobbiamo prevedere un tempo adeguato per l'avvio, lo sviluppo, la manutenzione. Non si costruiscono iniziative capaci di auto-sostenersi senza garantire periodi di start-up e di accompagnamento di almeno tre anni (due, solo nel caso di progetti più semplici).
* Secondo ingrediente: le risorse di processo. Il periodo "coperto da finanziamento" dovrebbe prevedere attività finalizzate alla costruzione delle condizioni minime per la continuità del progetto. Risorse diverse da quelle propriamente indirizzate all'oggetto del progetto: potremmo definirle risorse di processo. Non si costruisce continuità senza l'impegno di persone che lavorino per la creazione di requisiti di continuità.
Gli ingredienti tempo e risorse, naturalmente, dipendono molto dai vincoli imposti dal bando e dalle scelte dei finanziatori: non è sempre una scelta facile quella di puntare su pochi progetti "importanti", rinunciando a finanziare "a pioggia" piccole ed estemporanee ma numerose iniziative.
In ogni caso, i primi due ingredienti - il tempo e le risorse di processo - costituiscono l'"impasto base" a cui aggiungere gli altri ingredienti.
b) Gli altri ingredienti
* Terzo ingrediente: rispondere a bisogni reali dei potenziali beneficiari. Il progetto dovrebbe sempre rispondere a bisogni conclamati, espressi dalla comunità locale. L'ideazione di una iniziativa non può esaurirsi in un lavoro di progettazione a tavolino, ma deve prevedere un approccio partecipativo, ovvero il coinvolgimento attivo dei beneficiari potenziali. Non penso debbano essere i beneficiare a decidere da soli di cosa hanno bisogno; ma penso non debbano deciderlo da soli neppure i progettisti. Non si creano condizioni per la continuità con iniziative costruite in laboratorio e calate dall'alto.
* Quarto ingrediente: ancorare il progetto a politiche pubbliche (la governance pubblica è necessaria). E' importante che le iniziative sperimentali si innestino nelle politiche pubbliche, che gli enti locali siano partner dei progetti e che lo siano con un elevato grado di consapevolezza, di ingaggio, di compartecipazione. (Precisazione: non intendo dire che la continuità dei progetti deve essere garantita da risorse finanziarie pubbliche; più semplicemente ritengo che abbiano maggiori probabilità di continuità le iniziative coerentemente collegate alle politiche pubbliche locali del settore di riferimento; si può fare a meno delle risorse pubbliche, non si può fare a meno della governance pubblica).
* Quinto ingrediente: puntare sulla costruzione di gruppi di auto-aiuto e mutuo-aiuto. La partecipazione al progetto di gruppi formali e informali di cittadini, organizzati su base volontaria e in una logica di convenienze reciproche, è spesso decisiva per garantire continuità ai progetti. Occorre dunque investire sul coinvolgimento dei gruppi informali e dell'associazionismo meno professionalizzato.
* Sesto ingrediente: comunicare quello che si fa in modo aperto e trasparente. Una comunicazione puntuale, capillare, capace di raggiungere pubblici diversi con diversi strumenti è doverosa e necessaria per costruire condizioni minime di continuità. La comunicazione non è altra cosa dal progetto, ma parte integrante del progetto. Comunicar e organizzar: la comunicazione come metodo di lavoro. La comunicazione non (solo) come vetrina ma come strumento di pianificazione, di verifica del rispetto dei tempi, di monitoraggio, di rendicontazione (render conto agli altri di quello si fa), di trasparente messa in mostra del proprio lavoro.
* Settimo ingrediente: non cominciare sempre da zero e creare sinergie. Il fatto che si stia lavorando allo sviluppo di progetti innovativi e sperimentali non è una buona ragione per cominciare sempre da zero, ignorando quanto è già stato fatto o si sta facendo, in un determinato contesto, sul tema oggetto di intervento o su temi complementari. Può essere innovativo e sperimentale anche il tentativo di valorizzare in modo intelligente l'esistente, o quello di connettere e sviluppare piccole iniziative già in atto per consolidarle.
venerdì 21 novembre 2014
Appunti sulla scheda progetto (post per #PPPNP "Costruire Partnership Pubblico-Privato-NonProfit”)
Riguardo all'impostazione metodologica generale e ai riferimenti che terremo presenti nella preparazione e nella conduzione delle quattro giornate, rimando a questo post di Graziano Maino, che va letto.
Qui sotto, alcuni appunti di lavoro su uno strumento di cui parleremo (e che useremo) nel laboratorio: la scheda progetto.
Ancora più sotto, le informazioni per iscriversi a #PPPNP.
***
Appunti sulla scheda progetto
Un'idea, un concetto, un'idea
finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione.
Giorgio Gaber, Un'idea, Dialogo tra un impegnato e un non so, 1972
Mettere a punto e realizzare un progetto (sociale, culturale, ambientale... di sviluppo locale) di successo è fare una (piccola) rivoluzione? Sicuramente sì, stando a una delle definizioni che di "rivoluzione" dà treccani.it: "mutamento, trasformazione, innovazione radicale".
Cosa deve produrre un progetto se non un mutamento, una trasformazione, un'innovazione radicale, che permetta di rispondere con efficacia ed efficienza a un problema, a un bisogno?
E comunque: all'inizio c'è l'idea, il "concetto", l'"astrazione", l'intuizione, anche, l'emozione, certamente.
Come nasce un'idea?
L'idea può essere insita nella mission di una organizzazione: nasce a partire dalle finalità per cui un'organizzazione esiste e dalle attività che l'organizzazione svolge.
L'idea può derivare da un bisogno espresso dal contesto in cui opera un'organizzazione.
L'idea può essere l'intuizione che consente di costruire una proposta adeguata a rispondere a un bando (un avviso, una call for proposals).
Certamente: un'idea di progetto spesso nasce da una miscela di queste tre motivazioni.
Come passare dall'idea (dall'astrazione) al progetto?
Un strumento molto utile (necessario) è la scheda progetto, ovvero una scheda sintetica, che descrive gli elementi fondamentali caratterizzanti l'idea di partenza (che nella scheda progetto viene appunto esplicitata e declinata).
La scheda progetto: non più solo l'idea, non ancora il progetto.
La scheda progetto serve:
- a chiarire a se stessi la propria idea; a visualizzarla; a coglierne le eventuali contraddizioni, a definirla, a rielaborarla, a renderla meno astratta;
- a presentare e condividere gli elementi fondamentali del progetto con il proprio gruppo di lavoro (una scheda progetto può essere scritta a più mani, magari usando strumenti come Google Drive, che facilita la scrittura collettiva, anche simultanea);
- a presentare e condividere gli elementi fondamentali del progetto con i (possibili) partner, che a loro volta potranno rielaborare la scheda, dando vita a un processo di progettazione circolare (la scheda progetto si scrive e si ri-scrive, si taglia, si cuce, si adatta, si sviluppa...) e aperto;
- a presentare e condividere l'idea con gli stakeholder e i (potenziali) beneficiari, per raccogliere suggerimenti utili, indicazioni di lavoro, nella logica della progettazione partecipata;
- a presentare l'idea a possibili finanziatori.
Un esempio di scheda progetto.
Ognuno dei campi della scheda non dovrebbe essere più lungo di 1.500-2000 caratteri.
L'esposizione deve essere chiara, precisa, coerente: le diverse sezioni devono "richiamarsi" vicendevolmente. È consigliabile fare uso di una prosa scarna ed essenziale.
1. Organizzazione proponente
Descrivere vision, mission e attività dell'organizzazione. Chi siamo?
2. Motivazione del progetto
Descrivere il problema, il bisogno (i bisogni) a cui si intende fare fronte, con riferimento al contesto di riferimento. A che bisogno intendiamo far fronte? Dove?
3. Obiettivo
Descrivere l'obiettivo (gli obiettivi) di cambiamento rispetto al bisogno sopra descritto. Dopo la conclusione del progetto, se avremo ben lavorato, come cambierà - con riferimento al problema e al contesto individuati - la situazione rispetto a prima?
4. Destinatari
Indicare i beneficiari del progetto, ovvero i cittadini che esprimono il bisogno e/o sono coinvolti nel problema. A chi il nostro progetto procurerà un beneficio?
5. Attività
Descrivere l'attività (le attività) che il progetto intende sviluppare per far fronte al bisogno individuato e raggiungere l'obiettivo indicato. Concretamente, che intendiamo fare?
5. Prodotti
Descriverne, se previsto, l'output (gli output) dell'attività sopra descritta. Intendiamo realizzare un prodotto concreto (e tangibile) come esito della nostra attività?
6. Risultato atteso
Indicare il concreto risultato atteso (i concreti risultati attesi) e quantificare i miglioramenti previsti con riferimento al bisogno espresso e all'obiettivo di cambiamento descritto. Numeri, numeri, numeri.
7. Tempi
Indicare la durata del progetto, ipotizzando la data di inizio e la data di fine. Da quando a quando il progetto sarà operativo?
8. Budget
Indicare il budget di massima del progetto, senza entrare nel dettaglio, semplicemente ipotizzando una "taglia" minima e una massima. Quanto pensiamo possa costare il progetto?
9. Possibili partner
Indicare i possibili partner del progetto: le organizzazioni che si ritiene utili coinvolgere per raggiungere con maggior efficienze ed efficacia gli obiettivi indicati e per conseguire i risultati attesi. Con chi intendiamo collaborare nella realizzazione concreta del progetto?
10. Contatti
Indicare l'organizzazione che ha messo a punto la scheda, il nome della persona che sta coordinando la progettazione, la sua email e il suo recapito telefonico.
Bibliografia minima di questo post
Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, L'ABC di un progetto, Centro Servizi per il Volontariato di Padova, 2004.
Elena M. Plebani, Alessio Lorenzi, Ideare e gestire progetti nel sociale, Centro Servizi per il Volontariato della provincia di Trento, 2009.
***
Iscriversi a #PPPNP, "Costruire Partnership Pubblico-Privato-NonProfit”
Il laboratorio formativo:
- è rivolto a chi dirige, coordina, opera in organizzazioni private, nonprofit, in servizi alla persona, sociali, socioeducativi, sociosanitari.
- si svolgerà negli spazi della Provincia di Milano in viale Piceno 60 a Milano;
- costa 30 euro a partecipante (crediti ECM e FCO.AS richiesti).
Le iscrizioni sono aperte fino al 30 novembre 2014.
Info: Carmela Gualtieri, c.gualtieri@provincia.milano.it - 02 7740 6925.
venerdì 14 novembre 2014
Progettazione partecipata al Rione Pelizza di Pavia
domenica 9 novembre 2014
#10anni di sviluppo locale con AGENS
Il live twitting della giornata è qui (e riprodotto sotto).
Agens è su Facebook e su Twitter.
E, cosa non da poco :-), ha la responsabilità del payoff di cowblog.
Abbiamo pranzato (molto bene), qui.
#10anni di @AGENSVILUPPO. #CatiaAliberti, concept tour guide: fare turismo è raccontare la verità e divertirsi facendolo. @MATraveller0 risposte2 Retweet2 preferiti
- #10anni @AGENSVILUPPO #CatiaAliberti ha fatto pure l'assessore a Vergato. Parola chiave #condividere per costruire comunità fatte di persone0 risposte2 Retweet0 preferiti
- Ora si parla di promozione territoriale, turistica, culturale ai #10anni di @AGENSVILUPPO. Parla #CatiaAliberti, concept tour guide.0 risposte2 Retweet0 preferiti
- @fratimpano e #PaolaGraziano presentano http://www.piacenzatheplace.it ai #10anni di @AGENSVILUPPO. @Giulbe0 risposte3 Retweet0 preferiti
- @fratimpano e #PaolaGraziano presentano http://www.piacenzatheplace.it/ ai #10anni di @AGENSVILUPPO. @Giulbe0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #10anni di @AGENSVILUPPO #LucaGroppi: servono #internalizzazione, #innovazione e (se ne parla meno) #aggregazione (piccolo non è bello).0 risposte4 Retweet1 preferito
- #10anni di @AGENSVILUPPO #LucaGroppi di Confindustria Piacenza: per favorire sviluppo, prima di ogni altra cosa: #semplificazione0 risposte3 Retweet1 preferito
- #10anni di @AGENSVILUPPO @LaurentSansoucy: nel nord Italia sistema servizi imprese è debole rispetto ad altre realtà geografiche comparabili0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #10anni @AGENSVILUPPO: si discute di attrattività dei territori in @Auditorium_News della Fond. Piacenza e Vigevano.0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #10anni di @AGENSVILUPPO @LaurentSansoucy: globalizzazione è vista come minaccia nei paesi sviluppati e come opportunità nei paesi emergenti0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #10anni di @AGENSVILUPPO @LaurentSansoucy dice che mkt territoriale è promozione territorio come destinazione risorse economiche strategiche0 risposte2 Retweet0 preferiti
#MariellaCortès e la sua attività di promozione della Sardegna: #destagionalizzare e non solo: http://www.focusardegna.com #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte4 Retweet0 preferiti
- #DomenicoDiConza racconta l'attività di #IstiutoEuropeoPegaso sulla formazione e la certificazione delle competenze. #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #FurioReggente: Conta più presenza sui media o vera ricaduta sul territorio? Spesso per assessori il passaggio in tv. #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte3 Retweet0 preferiti
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- #CelestePacifico racconta suo lavoro a progetto http://www.ervet.it e delle sue altre collaborazioni #flessibilità #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte2 Retweet0 preferiti
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- #PaoloFumagalli racconta limiti progetti finanziati da programmi europei: vincoli, no continuità, no programmazione #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #DomenicoDiConza di #IstiutoEuropeoPegaso: l'importanza di mettere in rete, far conoscere, coordinare. #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #FrancescaBonello: #qualità #AgenteDiSviluppo: umiltà, pazienza, fiducia, creatività; saper scovare buono bello vero #10anni @AGENSVILUPPO0 risposte2 Retweet0 preferiti
- #SandroChiriotti racconta i suoi tanti progetti per il turismo (qui il suo profilo: https://www.linkedin.com/pub/sandro-chiriotti/b/892/a34 …) @AGENSVILUPPO #10anni0 risposte2 Retweet1 preferito
- #GiovanniAventaggiato: a #PortoCesareo prospettiva è quella della cooperativa di comunità #cambioradicaledimentalità @AGENSVILUPPO #10anni0 risposte2 Retweet2 preferiti
- #GiovanniAventaggiato: a #PortoCesareo comitato di 100cittadini lavorano con #RetiDiPan a un PIRT per riqualificazione @AGENSVILUPPO #10anni0 risposte2 Retweet2 preferiti
- #GiovanniAventaggiato racconta esperienza #RetiDiPan, agenzia per lo sviluppo sostenibile e cooperativa sociale tipo b @AGENSVILUPPO #10anni0 risposte1 Retweet1 preferito
- La presidente di @AGENSVILUPPO, @CRagno, apre a Piacenza i lavori di #10anni di lavoro per lo sviluppo locale.0 risposte1 Retweet1 preferito
- A Piacenza, via ai lavori seminario #10anni @AGENSVILUPPO. Appena conosciuto Giovanni di #RetiDiPan che conosce @MATraveller. Mondo piccolo.0 risposte3 Retweet2 preferiti
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