Tanto più in periodo di risorse (sempre più) scarse, diventa attuale
il tema su come dare continuità ai progetti finanziati da risorse
speciali, oltre il periodo di finanziamento. Faccio riferimento a
iniziative in ambito sociale, ricreativo, culturale, ambientale.
Fino
a qualche anno fa il problema (irresponsabilmente) era meno sentito. La
continuità di un progetto innovativo o di un servizio sperimentale,
avviati grazie a un bando per progetti innovativi o servizi
sperimentali, trovava spesso risorse per la continuità a valere su un
ulteriore bando, anch'esso orientato a favorire innovazione o
sperimentazione: bastava cambiare nome al progetto o al servizio, dargli
un taglio "nuovo" (innovativo o sperimentale) e il gioco era fatto. In alcuni casi - accadeva anche questo - si abbandonava il progetto (il
servizio) e se ne inventava un altro (naturalmente innovativo o
sperimentale) più adeguato a rispondere ai criteri del nuovo bando.
Tornando
a oggi, quali ingredienti possono contribuire a dare continuità a una
iniziativa finanziata? Come possiamo favorire il fatto che, terminate le
risorse straordinarie messe a disposizione da un bando, progetti e
servizi continuino a vivere?
A partire da esperienze professionali e non, da casi di successo e di insuccesso, ecco il mio personalissimo elenco di:
Ingredienti per favorire la continuità dei progetti finanziati.
a) Gli ingredienti di base
* Primo ingrediente: il tempo.
Il periodo "coperto da finanziamento" non deve essere troppo breve. Se
vogliamo creare le condizioni per l'autonomia di un progetto, dobbiamo
prevedere un tempo adeguato per l'avvio, lo sviluppo, la manutenzione.
Non si costruiscono iniziative capaci di autosostenersi senza garantire
periodi di start-up e di accompagnamento di almeno tre anni (due, solo
nel caso di progetti più semplici).
* Secondo ingrediente: le risorse di processo.
Il periodo "coperto da finanziamento" deve prevedere attività finalizzate alla costruzione delle condizioni minime per la
continuità del progetto. Risorse diverse da quelle propriamente indirizzate all'oggetto del progetto: potremmo definirle risorse di processo. Non si costruisce continuità senza l'impegno di
persone che lavorino per la creazione di requisiti di continuità.
Gli ingredienti tempo e risorse, naturalmente, dipendono molto dai vincoli imposti dal bando e dalle scelte dei finanziatori: non è sempre una scelta facile quella di puntare su pochi progetti "importanti", rinunciando a finanziare "a pioggia" piccole ed estemporanee ma numerose iniziative.
In ogni caso, i primi due ingredienti - il tempo e le risorse di processo - costituiscono l'"impasto base" a cui aggiungere:
b) Gli altri ingredienti
Terzo ingrediente: rispondere a bisogni reali dei potenziali beneficiari. Il progetto deve rispondere a bisogni conclamati, espressi dalla comunità locale. L'ideazione di una iniziativa non può esaurirsi in un lavoro di progettazione a tavolino, ma deve prevedere un approccio partecipativo, ovvero il coinvolgimento attivo dei beneficiari potenziali. Non penso debbano essere i beneficiare a decidere da soli di cosa hanno bisogno; ma penso non debbano deciderlo da soli neppure i progettisti. Non si creano condizioni per la continuità con iniziative costruite in laboratorio e calate dall'alto.
* Quarto ingrediente: ancorare il progetto a politiche pubbliche. E' importante che le iniziative sperimentali si innestino nelle politiche pubbliche, che gli enti locali siano partner dei progetti e che lo siano con un elevato grado di consapevolezza, di ingaggio, di compartecipazione. (Precisazione: non intendo dire che la continuità dei progetti deve essere garantita da risorse finanziarie pubbliche; più semplicemente ritengo che abbiano maggiori probabilità di continuità le iniziative coerentemente collegate alle politiche pubbliche locali del settore di riferimento).
* Quinto ingrediente: puntare sulla costruzione di gruppi di auto-aiuto e mutuo-aiuto. La partecipazione al progetto di gruppi formali e informali di cittadini, organizzati su base volontaria e in una logica di convenienze reciproche, è spesso decisiva per garantire continuità ai progetti. Occorre dunque investire sul coinvolgimento dei gruppi informali e dell'associazionismo meno professionalizzato.
* Sesto ingrediente: comunicare quello che si fa in modo aperto e trasparente. Una comunicazione puntuale, capillare, capace di raggiungere pubblici diversi con diversi strumenti è doverosa e necessaria per costruire condizioni minime di continuità. La comunicazione non è altra cosa dal progetto, ma parte integrante del progetto. Comunicar e organizzar: la comunicazione come metodo di lavoro. La comunicazione non (solo) come vetrina ma come strumento di pianificazione, di verifica del rispetto dei tempi, di monitoraggio, di rendicontazione (render conto agli altri di quello si fa), di trasparente messa in mostra del proprio lavoro.
* Settimo ingrediente: non cominciare sempre da zero e creare sinergie. Il fatto che si stia lavorando allo sviluppo di progetti innovativi e sperimentali non è una buona ragione per cominciare sempre da zero, ignorando quanto è già stato fatto o si sta facendo, in un determinato contesto, sul tema oggetto di intervento o su temi complementari. Può essere innovativo e sperimentale anche il tentativo di valorizzare in modo intelligente l'esistente, o quello di connettere e sviluppare piccole iniziative già in atto per consolidarle.